DIO CI “EDUCA” NELLA PROVA
(Chiedo scusa per la inevitabile lunghezza del post e un po’ di pazienza per la lettura)
In questi giorni, nella mia mente tornano, in modo ricorrente, alcune parole dure della Scrittura.
Parole inequivocabili che ci presentano un Dio che minaccia e punisce il suo popolo per le continue infedeltà.
La schiavitù egiziana, il lungo e interminabile cammino nel deserto verso la terra promessa, l’esilio di Babilonia e tanti altri momenti di terribili prove, sono descritti dagli autori biblici come giusti castighi contro un popolo infedele e idolatra, che abbandona continuamente il suo Dio.
Per brevità, cito come esempio solo un brano del profeta Amos e uno dal libro delle cronache, sottoposto alla mia attenzione.
Amos:
“Ascoltate questo, voi che calpestate il povero
e sterminate gli umili del paese…
In quel giorno – oracolo del Signore Dio -
farò tramontare il sole a mezzogiorno
e oscurerò la terra in pieno giorno!
Cambierò le vostre feste in lutto
e tutti i vostri canti in lamento” … (Am 8, 4.9-10)
Secondo libro delle cronache:
“Se chiuderò il cielo e non ci sarà più pioggia…. se invierò la peste in mezzo al mio popolo, se il mio popolo, sul quale è stato invocato il mio nome, si umilierà, pregherà e ricercherà il mio volto, e si convertirà dalle sue vie malvagie, ascolterò dal cielo e perdonerò il suo peccato e risanerò la sua terra….Ma se voi devierete e abbandonerete le leggi e le norme che io vi ho proposto, se andrete a servire altri dèi e a prostrarvi davanti a loro, vi sterminerò dalla terra che vi ho dato.” (2Cr 7, 13-14.19-20)
Nel brano di Amos Dio appare inflessibile verso i potenti, che sfruttano i poveri e calpestano i loro più elementari diritti con intollerabili ingiustizie.
Nel brano delle Cronache, si mostra pronto a “sterminare” il popolo che abbandona le sue leggi, ma anche attento alla preghiera di chi si converte “dalle sue vie malvagie” e lo invoca con cuore umile.
In questo tempo di coronavirus è diffuso il pensiero di un Dio “stanco” degli uomini, delle tante malvagità, delle ingiustizie, del nostro egoismo che non ci permette di vedere interi popoli abbandonati e costretti alla fame. E si conclude: Dio non ne può più e ci castiga, come faceva con il suo antico popolo d’Israele.
Se il Dio dell’antico testamento, secondo la mentalità del tempo, alterna castigo e misericordia, Gesù ci presenta l’immagine vera di Dio, insegnandoci a fidarci di Lui e a chiamarlo “Abbà” (Papà).
La vendetta, a cui spesso ricorre l’uomo, non appartiene a Dio, Padre Misericordioso.
Forse, dunque, è più corretto dire che Dio non vuole ma permette epidemie e calamità naturali, che risalgono esclusivamente alla stoltezza dell’uomo. E si serve di questi momenti per “educarci” e richiamarci all’essenziale, ai veri valori che contano. La prova, infatti, toglie le certezze e costringe a riflettere. Dio, poi, permette la prova per Amore: “Io, tutti quelli che amo, li rimprovero e li educo” (Ap 3,19). L’Amore è espressamente richiamato anche nella lettera agli ebrei: “il Signore corregge colui che egli ama…. È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non è corretto dal padre? …” (Ebr 12, 6-7)
E, soprattutto, Dio non è insensibile al grido dei suoi figli: “se il mio popolo… pregherà e ricercherà il mio volto, e si convertirà dalle sue vie malvagie, ascolterò dal cielo e perdonerò il suo peccato e risanerò la sua terra” (2Cr 7,14)
Forse bisogna cogliere questo tempo di stravolgimento delle nostre vite e di solitudine, come un’opportunità per farci alcune domande serie sulla nostra vita, sui nostri comportamenti, sui nostri rapporti.
Questo è il tempo in cui Dio passa per le nostre vie, ci parla e vuole essere accolto e ascoltato. “Timeo Dominum transeuntem” (temo il Signore che passa) diceva Sant’Agostino. Appunto, la paura che Gesù passi e noi non siamo capaci di riconoscerlo.
Chissà se, al Suo passaggio, ritroveremo l’intelligenza e il buon senso per operare una vera svolta e capire
1. che non possiamo più avvelenare la terra, che pretende ossigeno e se lo prende, lasciando noi in affanno;
2. che siamo così fragili, ospiti a tempo in questo mondo, e che il tempo è breve;
3. che è da stolti ostinarsi e chiudersi nel proprio orgoglio, costruendo muri e dimenticando che abbiamo bisogno di tutti, ma proprio di tutti;
4. che oggi, costretti a comunicare solo virtualmente, dobbiamo riscoprire la gioia di incontrarsi, parlarsi, sorridersi e, quindi, recuperare la “normalità” dei rapporti, finalmente tanto desiderata;
5. che attorno a noi c’è tanta gente che soffre, che cerca inutilmente nient’altro che un gesto o una parola di conforto;
6. che ci sono ancora tanti, “tantissimi poveri” che non vediamo o non vogliamo vedere e verso i quali, come ha detto Papa Francesco nell’omelia di santa Marta di lunedì 6 aprile, siamo “indifferenti”, nonostante essi siano “al centro del Vangelo”;
7. che la “bella notizia” del Vangelo deve essere “al centro della nostra vita” e che Gesù è salito sulla Croce, per renderci capaci di accoglierla, viverla e portarla a tutti.